“lo non ci riuscirei mai”. Quante volte, al Gabbiano, abbiamo sentito queste parole. Che quasi sempre vorrebbero essere un complimento rivolto a chi si “sacrifica” nell’attività di volontariato. Una delle cose più difficili, per noi, è trasmettere la sensazione che l’attività di volontariato in genere, nel nostro caso con i disabili, è tutt’altro che un “sacrificio”. E che si tratta, anzi, di un momento di benessere e di crescita reciproca. Ci siamo interrogati, noi per primi, sulle ragioni per cui ciascuno dei volontari del Gabbiano ha fatto questa scelta. Le abbiamo raccolte e le presentiamo così, senza un ordine logico: perché non gli date un’occhiata?
Aiutando a crescere gli altri aiuto a crescere me stesso.
Dedicandomi agli altri ho scoperto che l’amore dato genera in me serenità, gioia e pace interiore
Superare il buio dell’incomunicabilità e scoprire orizzonti di uguaglianza tra persone, anche se la diversità esiste.
Un amore vissuto lì, dove qualcuno ha bisogno.
Guardiamoci intorno: “da vicino nessuno è normale”.
L’handicappato è una persona che chiede niente alla vita. Oggi è ancora un sepolto vivo anche se percepisce una pensione di 390 mila lire al mese! !
Quando guardo Roberto vedo mio figlio Davide, Roberto mi vuole bene come Davide e mi compiaccio perché così ho un altro figlio.
Primo ero un uomo, credo, generoso tra altruismo e narcisìsmo. Cercavo me stesso. Ora ho scoperto che sono un semplice uomo in mezzo agli altri uomini.
Sono qui perché mi sento accolto e amato.
Se vuoi disegnare un mondo più giusto devi partire da qui.
Vengo perché imparo.
Se vuoi capirti devi ascoltare gli altri. Le persone con qualche problema in più che frequentano il Gabbiano sono autentiche educatrici alla solidarietà.
Qui non servono solo professionisti ma gente pronta a mettersi in gioco e condividere.
Le parole hanno un peso relativo. Contano i sorrisi, la semplicità dell’incontro non quando si è disponibili ma quando serve!
Si sta col Dio di Gesù Cristo quando si sta con chi è nel bisogno.
E’ una soddisfazione aiutare le persone che hanno più bisogno.
In una città fredda come Milano si sente un po’ di calore umano.
Il perché in tre parole? Ci sto bene!
E’ stupendo. Dai ragazzi ricevo molto più di quella che do.
Vengo perché mi piace aiutare gli altri.
Ogni sabato imparo qualcosa dagli amici del Gabbiano. A sorridere anche se ci si sente male. A portare pazienza. Ad assaporare una gioia, anche se piccola.
Vengo al Gabbiano e cerco di portarmi a casa la semplicità delle parole, la bella sensazione di vivere in un’associazione di donne e uomini che non competono tra loro, il calore di ritmi molto più lenti. Molto più umani.
Ritrovo la semplicità, l’amore e il piacere di condividere cose ormai cosi difficili da trovare in un mondo pieno di apparenti complicazioni.
La settimana pesante, il lavoro soffocante e l’umore un po’ così, così. Varco quella porta, una ventata d’aria ‘fresca, la gioia di vivere e mi ritorna il buon umore.
“lo non ci riuscirei mai” basterebbe provare una volta per capire quanto non sia vero. Provaci amico e non ti sentirai un santo ma una persona normale, solo più attenta agli altri … e a te stesso.