Siamo al punto che le persone ci fermano per strada e ci chiedono: “non sei ancora partito?”.
Ripetiamolo di nuovo: si parte mercoledì.
“Anche tu vai a fare i 15.000 km?”
“Beh, per quelli vedremo l’anno prossimo, quest’anno ci accontentiamo”.
“Siete dappertutto su internet: ma alla fine quando partite?”
E avanti così.
Abbiamo un po’ l’impressione di aver scatenato un putiferio più grosso di noi. E di essere in ritardo al via. Era meglio il basso profilo. Ma quando “sei in missione per conto di Dio” (così direbbero i fratelli Blues, Jake e Elwood) devi anche accettare un po’ di esposizione, credo. Non che ci piaccia, ma tant’è. Comunque, esposti per esposti, facciamo un po’ il punto.
All’inizio si voleva andare a Capo Nord, il doppio, 5000 km. Non siamo più in grado, diciamolo chiaro. Un po’ in là con l’età (eufemismo) e portatori di acciacchi vari. Però il tarlo ha continuato a rosicchiare, finché abbiamo messo insieme due cose. Facciamo una sgambata ragionevole e, visto che ancora non abbiamo trovato modo di pagarci un pullmino, proviamo con l’impresa e chiediamo agli amici di darci una mano. Cioè, non fraintendete, non solo di darci dei soldi, ma di darci una mano a far fatica, perché da soli non siamo così convinti si possa fare.
C’è una bella differenza tra pedalarsi una salita con 20 kg di bagaglio per il gusto di farlo, oppure farlo perché così si raggiunge un obiettivo comune, che ha risvolti anche sulle storie di altri. Questo è darci una mano: rinforzare la nostra motivazione. Soprattutto in salita… e impedirci di tornare indietro. Perché, vero, siamo già molto motivati, ma non è che siamo proprio degli atleti. Arrivare in fondo non sarà come dirlo; oserei dire che non è nemmeno scontato. Siamo 3 polli consapevolmente travestiti da aquile, non so come potrà finire.
Però dobbiamo partire e, come direbbero Jake e Elwood, dobbiamo pure arrivare fino alla fine. Ne va della missione.
E poi, chiederete, cosa sarà mai un pulmino usato? C’era bisogno di questo baccano, di scomodarci tutti?
Beh, lo sapete anche voi, un pulmino, quando fatichi ad arrivare in fondo al mese, è sostanzialmente un bel miraggio e basta… Ken Loach, in “Sorry, we missed you” ce lo spiega bene; in “Piovono pietre”, manda il suo protagonista a rubare il prato erboso di un campo da golf per raggranellare qualche soldo e, di nuovo, il vero protagonista è il pulmino che non è il suo; noi , per un pulmino, rosicchieremo un po’ d’asfalto lungo il Mediterraneo, alla fine. Ecco cos’è un pulmino usato.
Insomma la necessitò di disporre di un pulmino non sai dove ti può portare. Nel nostro caso, invece, sappiamo dove ci porta: bene, questo è già un vantaggio.
Seconda domanda: ma è proprio così necessario un pulmino?
Sempre per parlare di noi, è quel tipo di necessità definita dalla differenza che fa. Fa la differenza, per esempio, tra stare in casa una domenica e fare una gita insieme, tra andare a fare le tue attività e doverci rinunciare, tra dover fare poche vacanze perché il pulmino te lo devi noleggiare e fare un paio di settimane; tra dover rimandare un esame all’ospedale perché nessuno ti può accompagnare e andarci in tutta libertà; tra metterci due ore coi mezzi, se sei in carrozzina, a far la stessa strada mettendoci 20 minuti. Sì, in una comunità per persone con diverse disabilità, per qualcuno, il pulmino fa davvero la differenza.
E poi un’ultima cosa: voi.
Dopo un’ora dall’invio dei primi messaggi WA avevo più di 60 risposte entusiaste; dopo qualche ora dalla pubblicazione sui social i contatti erano stati più di 5000.
Un’amica, che aveva ricevuto il mio messaggio alle 9 del mattino (appena inviati i primi) mi ha scritto dicendo: ” lo sapevo già, me lo ha detto mia madre a cui lo ha detto un’amica: la rete funziona!”
Eccovi, voi.
Probabile che con voi le salite diventino meno dure. E la meta sembri lì, a portata di mano. Amici cari, vecchi amici, amici sconosciuti, ex morose: tutti avete risposto e, penso, tutti ci accompagnerete. A parte i numeri dei social, che sono pure interessanti, ma sono un po’ una barba, come se tutte le bilance dovessero pesare i piselli in like, a parte questa stucchevole cosa moderna insomma, è emozionante sentire che così tante persone ti hanno capito e che, scusate la banalità, un po’ ti vogliono bene.
Ero commosso ieri sera pensandoci.
Grazie. Che dire d’altro.
Speriamo che il travestimento da aquile resista alla pioggia.
Claudio Meazza