Durante il nostro essere presenti come Associazione nelle varie manifestazioni, a contatto con tanto pubblico, sovente ci sentiamo dire: “Purtroppo non ho tempo per fare come voi, non mi avanza tempo beati voi che avete tanto tempo da dedicare non sono padrone nemmeno di ritagli di tempo quando avrò più tempo libero ho il tempo tutto occupato, non ho un momento libero”. Normalmente rispondiamo con un sorriso di fronte a questo luogo comune che però nasconde in fondo un grande dilemma esistenziale fondo un grande dilemma esistenziale. Vorrei provare a rispondere, parlare del tempo e del suo valore, anche riferito all’handicap, dell’istante che passa e scandisce la nostra vita. Che non é importante la quantità di tempo che si investe nell’aprirsi al prossimo ma che questo tipo di scelta sia presente in noi. Mi é giunto molto utile la rivisitazione di un breve libretto edito dalla Caritas Ambrosiana nel lontano 1982 che porta lo stesso titolo di questo scritto.
La nostra quotidianità, nel lavoro e in famiglia, fatta di viaggi, di incontri, é l’esempio di una vita in cui c’é sempre qualcosa da fare, da progettare. Si corre, si gareggia, si compete. In queste condizioni l’uomo non riesce sempre a raccogliersi e ascoltare se stesso. Il mondo moderno ci rende frettolosi e superficiali, come si suoi dire, dominati da un “tempo tiranno”. E allora ci sono cose che riducono la vita alle sole considerazioni pratiche, che finiscono col prenderei completamente a discapito di altre, anche loro importanti. Ecco il dilemma fondamentale: essere posseduti dal tempo o possederlo. Si é posseduti quando si crede che ci sia del tempo di minor valore da destinare all’evasione o ai rapporti con gli altri. Il nostro tempo è invece unico, indivisibile e tutto ugualmente importante. In quest’ottica il metro del tempo che passa non é più l’orologio ma il senso e il valore dato ad ogni istante della nostra esistenza. Il tempo diviene così ad una sola dimensione, non esiste quello “utile” e quello “libero”, ma solo modalità diverse di dare contenuto ad ogni attimo della nostra vita. Il tempo é il presente e tutto ciò che ci é vicino. Il valore del tempo è dato anche dalle persone che si incontrano e fanno strada insieme. Il tempo viene allora vissuto come luogo dove si realizza la pienezza umana, trovando spazio per tutto ciò che fa parte dei nostri valori. Nasce così la necessità di dare continuo significato al tempo, di esprimere attenzione anche alle piccole cose perché non vada sciupato niente, in quanto ogni frazione di tempo é prezioso perchè diventa il mio tempo, il nostro tempo, fattore essenziale della vita. In queste condizioni l’uomo possiede il tempo, lo vivrà interamente seguendo gli ideali in cui crede, nella quotidianità fatta di lavoro, famiglia, viaggi, incontri. Si aprirà con i suoi tempi alla comprensione, all’altruismo, all’ascolto, realizzando così sè stesso anche attraverso il rapporto con gli altri. Non è importante la quantità di tempo che si investe nell’aprirsi al prossimo ma che questo tipo di scelta sia presente perché rende l’uomo veramente sociale.
Veniamo ora a considerazioni circa il rivolgersi agli altri e, per quanto ci riguarda come Associazione, ai portatori di handicap. Se il tempo é un fattore essenziale della vita, é anche un fattore essenziale per il portatore di handicap perché l’handicap é parte della vita, in quanto appartiene a una persona. Non si tratta però semplicemente di recuperare tempo per gli altri o per i portatori di handicap ma di strutturare una dimensione di vita in cui la persona che ha tempi diversi abbia il diritto di vivere questo suo tempo. Se il mio tempo è davvero autentico c’é tempo anche per il portatore di handicap, dandogli la possibilità di entrare in rapporto con me e viceversa. Vuoi dire che nello spazio dei miei valori c’é anche Lui. Offrire il tempo significa condividere ma non lo condivido se do solo quello che ritengo libero. Il tempo dell’altro, anche se lungo, lo devo assumere come mio, allora l’attesa diventa un valore e non una perdita di tempo. Dare tempo all’handicappato vuoi dire accogliere il suo tempo e i suoi veri bisogni. Accettare il tempo del portatore di handicap significa capire che non può esistere emarginazione perché anche questo é vita. Se noi riflettiamo, l’uomo in generale, é costituito sulla dipendenza. Il concetto della dipendenza noi lo attribuiamo ai portatori di handicap perché essi dipendono sovente dagli altri, mentre in realtà, dipendenti lo siamo tutti. Nessuno é autosufficiente, dipendiamo dalla salute, dal lavoro, dalle scelte, dalle compagnie, dalla fortuna, dal destino ma soprattutto, e il cristiano lo sa, dipendiamo da Dio.
(Giacomo Marinini)