Non profit, una strada praticabile. Solidarietà, la differenza tra praticarla e gustarla. Volontario ‘buono e caro’, è ora di uscire dai vecchi stereotipi. Parlare con Don Renato Rebuzzini è come confrontarsi con il pragmatismo dell’utopia: fare il volontario per sentirsi buoni? Meglio lasciar perdere, il volontariato serve solo a sentirsi cittadini. I giovani sono rimbambiti dal consumismo? Macchè, quello è un problema che riguarda gli adulti. E la Sinistra? Vuoi vedere che con la scusa di valorizzare il volontariato finisce per riproporre il vecchio tranello della delega? Rapporto dalla trincea della solidarietà: è consigliabile tenere sempre gli occhi bene aperti, soprattutto su certe manovre che mirano ad abbattere lo Stato sociale. E’ consigliabile puntare sui giovani, ma senza dimenticare che è dal ceto medio che i giovani assumono i modelli di comportamento. Ed è auspicabile, infine, uno scatto di fantasia per regalare alla solidarietà una dimensione più vicina al quotidiano che all’eroico.
Dall’80 a alla metà del 900 la Chiesa è stata protagonista di opere sociali gestite in prima persona. Poi è arrivato il contributo dei laici volontari. E’ il risultato di una strategia della Chiesa o è stato un moto spontaneo?
No, non c’è stata una strategia della Chiesa. E nonostante la sua netta prevalenza in questo ambito, già nel secolo scorso si segnalano grossi movimenti di volontariato laico. Direi che la prima svolta è awenuta dopo la guerra, la seconda negli anni 80′: molte delle forze solidaristiche che nella Resistenza si erano espresse in termini politici, dopo hanno esteso il proprio raggio d’azione nel sociale, come ad esempio il movimento cooperativo.
I tuo concetto di solidarietà
Per essere cittadino devi essere solidale. Altrimenti, per te, il “diritto alla cittadinanza” diventa una frase vuota, perchè sei il primo ad averne perso il senso. lo credo nella creazione del “territorio amico”, ma non certo dal punto di vista provinciale. Credo nella creazione di un territorio aperto a tutti dove si recuperi anche la solidarietà condominiale e dove chiedere il latte al vicino, quando l’hai finito, è la cosa piu’ naturale di questo mondo.
C’è un’età in cui si puo’ sperimentare la solidarietà?
Verso la fine dell’adolescenza. Penso agli obiettori di’coscienza, imboscati a parte, e al loro slancio. Solo nell’età adulta, pero’, puoi gustarla e percepirla come una dimensione equilibrante della tua vita e non di volontarismo generoso.
Puo’ essere la solidarietà una scelta di vita ?
Ci sono forme di solidarietà che possono diventare radicali scelte di vita. Penso per esempio a chi sceglie di vivere in Comunità come quella di Villapizzone. Non sono scelte eroiche ma sicuramente difficili ed è necessaria almeno una certa vocazione.
Non esiste immagine più distorta di quella del volontario inteso come “persona buona” e quindi “fuori dal comune”. Per qualcuno puo’ diventare persino la scusa per non provare, ma forse c’è anche un difetto di comunicazione da parte del mondo dell’associazionismo.
Si, puo’ darsi. E’ comunque importante riuscire a trasmetterlo questo concetto : il volontario non è la “brava persona”, ma un cittadino che riceve in misura di quanto dà, senza illudersi di risolvere in quel modo i suoi problemi personali.
Viviamo circondati dal superfluo e forse c’è solo bisogno di recuperare l’essenzialità. Puo’ essere il volontariato la risposta ai veri bisogni del nostro tempo ?
Semplificando con l’accetta: se una persona ha bisogni “assistenziali”, bisogna fare in modo che non sia il volontariato a soddisfarli perchè si tornerebbe, ed è proprio quello che sta accadendo, alla delega da parte dello Stato nei confronti delle associazioni. Il rischio è letale. Il volontariato deve continuare ad offrire una parola. Ad offrire un’occasione per ricordare, alla persona che ne ha bisogno che c’è qualcuno che ha voglia di ascoltarla e che gli ricorda che c’è. Una relazione insomma, non un servizio. Ma te l’ho detto, vedo un pericolosissimo ritorno alle vecchie abitudini. Lo vedo nell’enfasi sul terzo settore che mi sembra funzionale ai ‘defunti’ che senz’altro produrrà Maastricht.
Come possono solidarietà e volontariato diventare una scelta di vita se ogni minuto del/a giornata ha un prezzo?
Ti rispondo realisticamente: non si puo’. I modelli di vita permettono di praticare il volontariato soltanto ad alcune persone.
Non posso scrivere solo questo, altirimenti chi legge non impara a conoscerti davvero. Il tuo essere continuamente ‘sul campo’ dimostra che non si puo’ soffocare un’eventuale spinta alla solidarietà attiva. Ci sarà pure una strada da percorrere…
Un conto è il volontariato, un altro la solidarietà. Se parliamo di solidarietà, allora la strada puo’ essere proprio nel terzo settore che è sorto proprio con due consapevolezze: della cruda realtà del mercato e della indipensabilità della solidarietà. E’ una strada praticabile e anche un po’ eroica, perchè ti mette in condizione di vivere con un milione e mezzo al mese, che sarà lo stesso milione e mezzo anche tra dieci anni. Ma la strada c’è.
E se in quella strada s’incrociassero impresa privata e associazionismo?
Ferma restando la mia fiducia nel terzo settore e nella cooperazione non mi sento di escludere l’eventuale intervento del privato. Alcuni, per esempio, garantiscono l’assunzione di disabili.
Ma se si offrisse loro una buona ragione per “investire” nell’associazionismo, una ragione che non si limiti alla retorica della “bontà”, non credi che il mondo dell’associazionismo conoscerebbe una maggior diffusione?
Questa è un’altra delle strade possibili, ma deve essere percorsa sempre in parallelo con l’intervento pubblico. Bisogna mettersi al tavolo e scatenare la fantasia.
Cosa ti ha lasciato la continua condivisione dei problemi degli altri?
Mi ha regalato maggior lucidità sui problemi miei. Se condividi la sofferenza dell’altro riesci a dare un nome alle paure che hai tu, e questo è un contributo enorme per riconciliarsi con sé stessi. lo negli ultimi anni ho visto morire tanti ragazzi per droga e passati i cinquant’anni, con la vita che va in discesa, mi sono trovato di fronte al problema del ‘passaggio’ con qualche difficoltà in più. Sono discorsi difficili da capire per un ventenne o un trentenne. Attenzione pero’: queste esperienze non mi hanno reso cinico, ma mi hanno fatto fare i conti con la realtà. Ho dato nomi precisi alle mie paure e non hai idea quanto mi sia servito.
E la formazione sociale e spirituale dei giovani?
Sinceramente non vedo tutta questa desolazione di cui tutti parlano. Mi sembra invece di assistere alla trasposizione dei problemi degli adulti verso il mondo dei giovani. L’esasperazione del consumo è il valore principe degli adulti, non dei giovani. Poi è chiaro che certi modelli finiscano per fare maggior presa su chi ha meno esperienza e quindi meno barriere per difendersi. Di energia interiore pero’ ne vedo tanta. Vent’anni fa i giovani facevano domande sulle utopie, oggi le fanno sul presente, ma le domande spirituali sono le stesse. La difficoltà consiste nel far emergere questa energia senza partire dall’Idea, altrimenti ti mandano a quel paese.
Ma allora è sugli adulti che bisogna lavorare, piu’ ancora che sui giovani …
E già. E già. Ho partecipato ad un incontro con Don Ciotti e lui sosteneva che bisogna riuscire a parlare al ceto medio. Se il ceto medio, e quindi le maggioranza delle famiglie, producesse altri modelli di riferimento, i giovani finirebbero con l’assimilarli.
Prima solo la Chiesa, o quasi, poi l’intervento dei laici. E domani?
Vedo un’espansione della cultura della solidarietà, sia a livello religioso che laico , senza conflitti . Ma vedo il rischio che ci sia la cattura della solidarietà e del volontariato in termini funzionali al sistema. Bisogna avere l’occhio molto attento soprattutto sulla formazione delle politiche sociali in Europa. Mi pare che la tendenza, purtroppo anche della sinistra, sia quella di delegare. Di delegare valorizzandoti. E intanto la solidarietà smette di essere un compito istituzionale dello Stato. L’intervento attivo delle imprese private è auspicabile ma non basta. Lo Stato sociale puo’ essere corretto, ma non vi si puo’ rinunciare. Tutti devono avere diritto alle garanzie. E’ vero, il volontariato non deve dipendere completamente dall’intervento pubblico, ma più riuscirà ad esserne indipendente, più dovrà gridare perchè l’ente pubblico faccia il suo dovere. Penso che l’associazionismo potrebbe diventare un soggetto politico, penso che …
Renato, ma non avevi detto che non è più tempo di utopie?
Si. Ma parlavo dei giovani …
(Giampiero Remondini)