Il carattere ruvido, per niente malleabile, la scarpa perennemente consumata sul fianco esterno da un’andatura ondeggiante, la corsa verso il calorifero, territorio da conquistare subito e da difendere con urlacci da chiunque cercasse di minacciarlo. Era così minuta eppure così grintosa, Graziella, e i denti li aveva lasciati chissà dove e chissà quando. Eppure per strapparle un sorriso era sufficiente non volerlo fare con lo scopo di aiutarla. Sapeva cucinare la pasta con il tonno ed era orgogliosa di spiegare la ricetta non solo a parole che uscivano sempre un po’ a fatica ma anche con i gesti.
“Bisogna mescolaaare”.
Uno, due, massimo tre minuti però.
Perché se sospettava che fossi tu a voler “mescolare” lei, a volerla aiutare, insomma, facendola parlare, ti mandava a quel paese.
La tosse così forte e così rumorosa da patologia poteva diventare una buona difesa dai rompiscatole. Chi sei tu per voler aiutare me?
Per quanto le è stato possibile Graziella ha difeso con rabbia la sua autonomia di donna, nonostante il disagio, e il suo percorso di vita non è materia che può essere giudicata da un gruppo di volontari con i quali ha deciso di fare un po’ di strada insieme.
Viveva da sola in via Noale e non voleva nessuno intorno, salvo la Dottoressa Forcella, ma al Gabbiano un salto lo faceva sempre.
C’è qualcosa di bello, per noi, in questa sua scelta.
(Giampiero Remondini)