#inviaggiocolgabbiano – VIII tappa. Per chi si trova nella difficoltà di provvedere ai propri interessi è prevista la figura dell’amministratore di sostegno (ADS). Paolo Bechini ha fatto la scelta di mettersi a disposizione in questo ruolo per accompagnare Mario nelle cose pratiche, quelle di tutti i giorni. Pagare le bollette, ricordare le medicine e stimolare la sua autonomia. Può anche scapparci la vacanza insieme a Londra, perchè no! Gli abbiamo chiesto di raccontare cosa comporta questa decisione. La dose di impegno, le conoscenze che servono. Il ritorno che si ottiene. Ci sono tanti modi aprirsi agli altri, per chi ha voglia. Con questa ottava tappa, il nostro percorso si avvicina ancora di più alla persona che vive la condizione di disabilità e alla persona che sceglie di starle vicino. Parola a Paolo Bechini.
di Giacomo Marinini e Giampiero Remondini
Ci interessa prima di tutto comprendere la percezione che ha della disabilità. Lei cosa “avverte” quando incontra una persona che ha un limite evidente o un’autonomia ridotta?
Mi sento fortunato e in debito verso queste persone. Però non posso nascondere un certo disagio di fronte a casi molto gravi di disabilità: vedere una persona con il fisico compromesso al punto da non essere autosufficiente nemmeno nelle azioni più semplici mi fa avvertire una grande pena e una difficoltà ad entrare in sintonia con quella persona. Che poi sovente si traduce in un atteggiamento di distanza.
Ci racconti qualcosa di sè e in particolare se ha mai svolto attività di volontariato in precedenza
Quando avevo un’attività professionale ho scelto di dedicarmi completamente a quella, ma comunque sempre sognando di poter dare un contributo in ambito sociale. Ho trovato un discreto compromesso introducendo nell’ambiente di lavoro, per quanto in mio potere, una serie di regole atte a migliorare la situazione dei lavoratori e le relazioni fra di loro. Poi finalmente è arrivata la pensione (10 anni fa) e allora ho avuto il tempo di dedicarmi realmente al volontariato. Ho collezionato varie esperienze: Banco Farmaceutico, carcere, promozione della pace, mensa dei poveri. Poi Amministratore di sostegno, pur mantenendo la relazione con il Banco Farmaceutico e la mensa dei poveri.
Lei ha fatto la scelta di diventare amministratore di sostegno di una persona con disabilità. Vuole raccontare perché ha fatto questa scelta?
Mi è sembrato un ruolo particolarmente adatto alle mie competenze, sia in campo amministrativo che educativo. Naturalmente la scelta era orientata verso un soggetto con discreta autonomia e così è stato.
Questo ruolo comporta un dispendio di energie e di tempo? Ci sono corsi da seguire?
Sì, prima di propormi per il ruolo di ADS ho frequentato un corso specifico organizzato da Ciessevi, che è un ente molto efficiente per fornire servizi al Terzo Settore. Tra le principali attività Ciessevi offre una moltitudine di corsi di formazione. Io ho partecipato ad alcuni di questi e in particolare al corso principale, denominato Università del Volontariato. Durante tale formazione si studia innazitutto l’architettura legislativa del settore, poi il percorso si sviluppa su varie materie tipiche: raccolta fondi, comunicazione, marketing, gestione del personale, utilizzo dei social, ecc.
Frequentemente il ruolo di ADS è affidato ad un avvocato. Il quale può arrivare ad avere la tutela di numerosi disabili, talvolta a decine. In questo caso il tempo da dedicare al singolo disabile è minimo, ma il risultato – si può immaginare – non eccellente.
Io non ho un impegno di tempo eccessivo, potrei quantificarlo in un’ora o due al giorno come media. Volutamente non sto addosso al mio Mario perché ho notato che non ha un gran bisogno, in generale aspetto che lui si faccia vivo per qualche necessità, a parte quelle di routine che svolgo ormai d’abitudine, come la gestione dei rapporti bancari, della signora che gli dà una mano con le pulizie, l’educatore, il centro diurno, le visite mediche, la relazione col tribunale, ecc. Ho anche una piacevole relazione col Gabbiano, che mi dà anche supporto in alcune circostanze.
Qual è il “ritorno” che si ottiene?
Io personalmente sono entrato nell’ottica del genitore. Vedo Mario come un figlio e così mi rallegro dei suoi progressi o mi rattristo per gli insuccessi. Il mio volontariato è costruito sul concetto della restituzione, sia nel caso dell’ADS che nelle altre attività. La vita mi ha colmato di ogni beneficio, di salute, di bellezza, di amore, di successo, di ricchezza. Non potevo aspettarmi di più. Ecco che ora un piccolo sforzo, un modesto sacrificio mi sembra il minimo mio dovere per ricambiare tutto il bene che ho ricevuto.
Che tipo è Mario ? Ha accettato il suo ruolo?
Sì, direi che il nostro rapporto è molto buono. Cerco di essere il genitore premuroso ma anche autorevole perché Mario non è un soggetto privo di rischi. Ho cercato di educarlo alla disciplina e vedo che mi segue abbastanza, soprattutto nelle questioni delicate della terapia, della dieta, delle frequentazioni con amici, dei rapporti col centro diurno.
Un’ultima domanda, Paolo: quali sono i primi tre requisiti che le vengono in mente per essere un buon amministratore di sostegno?
Davanti a tutto metterei l’impegno per curare il disabile attraverso i supporti che ci vengono dalla medicina. Ma questa dovrebbe essere solo la base di partenza che dà sicurezza e tranquillità. Poi ci vuole una capacità educativa che abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni del disabile. Io sono convinto che tutti possono fare progressi e quindi chi è vicino al disabile ha il dovere di mirare a questo traguardo. Nel mio caso è stato facile: quando Mario mi è stato affidato aveva un potenziale molto alto da esprimere. Io l’ho lasciato fare e i risultati sono arrivati spontaneamente, qualche volta ho accettato anche piccoli rischi pur di metterlo alla prova. La mia tecnica è quella nota di spingere il soggetto a fare il più possibile da solo, a fargli capire che se vuole un risultato non deve aspettare che arrivi da altri ma deve impegnarsi lui stesso. Ho cercato di non cadere nell’errore dell’ansia genitoriale che, pur di preservare il figlio da ogni pericolo, determina interventi eccessivi.
Altro argomento l’impegno amministrativo, che deve essere né più né meno come quello personale. Ci sono le solite questioni pratiche da gestire, con in più l’obbligo di rendere conto al tribunale e ai parenti.
Infine serve una minima conoscenza della normativa ADS, serve un’abitudine a tenersi aggiornati, facendosi aiutare dalle associazioni e dai vari componenti della rete che per fortuna nel mio caso è molto vasta e preparata. In particolare il fatto che Mario sia stato affidato ad un centro diurno dove trascorre la giornata da lunedì a venerdì, quasi fosse un lavoro a tempo pieno, mi libera da molte incombenze e preoccupazioni.
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