#inviaggiocolgabbiano – IX tappa. Il nostro viaggio non poteva non passare in quell'”oasi nell’oasi” del Parco delle Cave che è la Cava Aurora. Ariodante Adorni è il presidente dell’U.P. Cava Aurora, che da sempre ospita il “pranzo di chiusura” della stagione del Gabbiano, l’ultima domenica di giugno. Persino i volontari di più lunga data hanno smesso di interrogarsi: il pranzo alla Cava ormai è una consuetudine. Come il caffè appena svegli, o come un libro, o un film, la sera, prima di andare a letto. Vuol dire che (con uno sforzo organizzativo importante, eppure sempre silenzioso) hanno reso non scontato, ma normale, l’incontro tra un centinaio di persone tutte diverse, molte delle quali non hanno altre occasioni di stare in compagnia, a conversare, a tavola, nella natura. Non è anche questo un esempio della forza delle cose semplici?
di Giacomo Marinini e Giampiero Remondini
Ci interessa prima di tutto comprendere la percezione che hai della disabilità. Cosa “avverti” quando incontri una persona che ha un limite evidente o un’autonomia ridotta?
Il mio primo approccio è un senso di tenerezza e di amore paterno. Ma ciò non deve essere confuso da un senso di pietà perchè il mio pensiero è nell’accettare la persona che ho di fronte così com’è. Il secondo pensiero è per i disagi che vivono nella vita quotidiana, loro e la loro famiglia.
Anni ’80 e primi ’90… siete stati tra i primissimi ad aprire le porte al Gabbiano, in tempi in cui la persona con disabilità restava spesso chiusa in casa, quasi ci fosse qualcosa da nascondere, un’assurda colpa di cui vergognarsi.
Il mio ricordo risale a quando vi abbiamo ospitato per la prima volta. Provai subito una sensazione straordinaria nello stare assieme a persone che per me erano, fino a quell’occasione, sconosciute e alle quali non prestavo attenzione. Vivendo con loro una giornata intera mi sono reso conto della bellezza e sensibilità che ognuno di loro possiede. A quel punto la loro compagnia mi ha arricchito personalmente.
La vostra associazione ci ha mandato anche dei volontari. Cristina Montani, per esempio è venuta per diversi anni. E poi Maria Rosa Pigliafreddo. Maria Rosa non è più tra noi, ma è stata straordinaria per la crescita del Gabbiano: ha messo al servizio tempo, capacità e senso critico. Vuoi ricordarla?
Certamente, per me Maria Rosa, oltre a ricordarla come una vera amica personale, è stata la capostipite e l’emblema del piacere e tenacia di fare volontariato a nome dell’Aurora. Sempre presente per tutti, le scuole, gli anziani ma soprattutto per i disabili. Ancora oggi il suo ricordo e il suo esempio sono per me e per l’Associazione un faro per continuare l’opera di Volontariato.
Raccontaci qualcosa dell’Associazione Unione Pescatori Aurora
Che dire dell’Aurora. Per me prima di tutto è una grande famiglia, dove da oltre 50 anni sono socio e dal 1993 sono orgoglioso di esserne il Presidente. Far parte dell’Aurora non vuol dire solo essere soci pescatori ma bensì condividere il modello sociale che dalla nascita ad oggi (90 anni) ha portato la nostra associazione a farci conoscere anche per tutte le attività di salvaguardia del territorio e di socialità verso la cittadinanza.
Il “Pranzo di chiusura in Cava Aurora” è l’esatto opposto del pietismo perché ha il valore di un cammino comune, di condivisione umana tra diversi che si incontrano. Non trovi che, oltre al piacere di incontrarsi, ci sia anche un valore simbolico?
Certamente sì. Credo che per noi dell’Aurora e in particolare per me, la possibilità di vivere con intensità una giornata insieme a tutti, oltre la bellezza ed il piacere, sia anche un valore che possa essere di esempio a tutti.
Spesso la persona con disabilità viene considerata semplicemente “sfortunata”, dimenticando che è prima di tutto portatrice degli stessi diritti degli altri cittadini. Le prime tre cose, anche piccole, che ti vengono in mente per aiutarci a fissare questo concetto?
Sarebbero molte le cose che potrebbero aiutare, ma credo che con molta semplicità ognuno di noi, soprattutto però chi ha la possibilità di gestire il bene collettivo e la comunità, tenga sempre a mente l’esistenza di persone che hanno più difficoltà di tutti. Quindi concludo affermando che è con i piccoli pensieri e gesti che si può aiutare le persone che hanno una disabilità: ad esempio non parcheggiando dove il posto è a loro destinato.
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