Via Roma, in bicicletta, con la casquette e la sciarpa, Ivano appare sotto la luce diafana, giallognola del “Gigante”. Salve, salve, allora? .. eh., arrivederci, arrivederci, ‘nasera .. ‘sera.. . Ivano non è dialogico, è semantico. Non usa molte parole, va dritto al segno. Come nella sua pittura.
Intravedendolo nella nebbia, ho pensato che una certa retorica ricorrente nella critica artistica, tesa ad enfatizzare e a celebrare la “diversità”, l’abnormità e quindi in fondo la scissione tra Noi e Loro rimanesse troppo superficiale, troppo intellettualistica, insomma non convincente.
Al contrario, la potenza espressiva di Ivano si fonda sull’improvvisa condivisibilità emotiva e cognitiva delle sue opere, quelle opere così unicamente Sue, irriconducibili ad una scuola, ad una corrente, e forse neppure ad un qualche Maestro.
Per questo la sua tensione è antiautistica, agisce cioè antagonizzando l’autismo, quella condizione mentale che non è il semplice ritiro sociale, ma è la condanna a non poter condividere il mondo condiviso dagli altri.
Poiché la poetica di Borra vola decisa e senza fronzoli, scarna e potente, verso l’essenzialità dell’esperienza e quindi alle cose ultime della vita interiore, inevitabilmente plana su territori in cui tutti siamo molto più simili, molto più somiglianti, molto più sovrapponibili gli uni agli altri, molto più di quanto non appaia ai livelli esteriori, dove le codificazioni, i ruoli, i criteri diagnostici distinguono e separano.
Noi tutti abitiamo quel mondo profondo che Borra dipinge, quel mondo che può essere, e spesso è, devastato dall’angoscia e dall’abbandono; che può essere carico di distruttività, di paura e di follia. Ma, allo stesso tempo, è anche il mondo in cui può succedere qualcosa che imprevedibilmente ci svela che l’Alieno è, almeno lì, un essere come noi, cioè plasmato della stessa sostanza psichica oltre che biologica; e specularmente, all’Alieno può accadere di scoprire che i fantasmi che lo circondano non sono solamente suoi. Per questa ragione, come è accaduto ad Ivano, l’arte può anche essere terapia: non tanto per quell’identità di artista che l’agire espressivo permette di guadagnare, ma ancor di più perché essa diventa spiraglio per una relazionalità più compiuta, dove l’universo proprio e quello dell’altro, del malato e del sano o viceversa, possono reciprocamente riconoscersi, oltre la malattia e oltre la storia individuale di ciascuno.
Riecheggia la considerazione di Karl Jaspers: “Lo spirito creativo dell’artista, pur condizionato dall’evolversi di una malattia, è al di là dell’opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicamente rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia. Come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così di fronte alla forza vitale dell’opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita”.
(Marco Marzolini)
Volti che gridano spasmodicamente, colori accesi sparati dal pastello o dall’acquarello, talvolta anche violenti, una ricerca disperata di umanità. Cristi sofferenti e spettri di rose che si profilano nel tramonto, un orizzonte di malinconia e mai scevro di speranza.
Sono i lavori pittorici di Ivano Angelo Borra, specchio di un disagio interiore superato con le superiori forme dell’arte. I casi dell’esistere sono troppo vari e non sempre facili, un panorama dove non sempre i desideri trovano la propria realizzazione: allora la sofferenza psichica si può battere tenendo in mano anche pastelli e pennelli. Ivano Borra ha frequentato un Centro Diurno dove si lavora al recupero dal disagio interiore con le leve dell’Arteterapia. Dallo sfogo e dalla voglia di comunicare, il passo alla prova d’arte più autentica e compiuta può essere breve: le tele si sono moltiplicate, differenziate, evolute, parallelamente al superamento delle difficoltà esistenziali. Ora un’altra possibilità offerta a tutti per conoscere e partecipare al percorso tormentato e appassionante di questo artista. Ivano Angelo Borra nasce a Milano nel 1959. Ha partecipato alla mostra “Art Brut e Arteterapia contro lo stigma della psicosi”, tenutasi presso il Palazzo Reale di Milano nel Giugno 2000. Successivamente ha partecipato a diverse mostre collettive.