A un adolescente o un adulto tentato dall’esperienza del volontariato al Gabbiano direi di non aver paura e di provarci. E’ come vaccinarsi non contro l’influenza ma contro il rischio dell’uniformità. Tra gli imprevedibili effetti dell’attività di volontariato al Gabbiano c’è infatti la graduale presa di coscienza di sé. Questo perché, nel tempo, il limite, così evidente negli altri, smette di essere prima di tutto una complicazione da risolvere e diventa, prima di tutto, uno specchio. Vedo il limite dell’altro… e realizzo di averne a mia volta. Vedo la mitezza nell’accettarlo e imparo. O, per meglio dire, cerco di capire come si fa, a volte riuscendoci, a volte no.
Ci sono persone con disabilità con cui il feeling risulta immediato, altre con cui è più difficile trovare un’intesa. Ma in fondo una buona disponibilità all’ascolto è l’unica cosa che serve veramente per entrare in relazione. Ascoltare: non è forse anche questo un insegnamento o un valore? Ognuno è libero di sentirsi più “buono” per aver passato un pomeriggio di volontariato “aiutando” persone più “sfortunate”… ma non è questo il punto. Non si può negare che l’aiuto, anche di tipo concreto, ci sia, ma è solo il singolo pezzettino di un puzzle. Solo a proposito di omologazione si potrebbero ad esempio scrivere pagine. La disabilità che incontri al Gabbiano ti sorprende proprio quando pensavi di averla capita a fondo e di averla addomesticata. Ti stupisce sotto forma di un sorriso, di una ruga di espressione, di un abbraccio, uno sguardo, una presa per i fondelli, ma come… questo mi sta fregando, ci sono cascato come un cretino. Forse è proprio l’anarchia assoluta, indomabile, selvatica direi, che mi affascina. Da una parte vedo la nostra omologazione sui linguaggi mediatici, dall’altra questa impermeabilità che in modo del tutto naturale, a volte scorretto, ci riporta alla nostra condizione umana più autentica: quella che non ha paura del limite e proprio da lì riparte. Idealizzare la disabilità sarebbe sciocco, ma idealizzare l’ipocrisia della perfezione e dell’apparenza non è ugualmente sciocco? Da volontario del Gabbiano non ho mai considerato la disabilità come una bandiera da sventolare, ma semplicemente come una delle espressioni, legittime, della nostra condizione umana. Non mi spaventano le sue ruvidità perché, in quanto “umane”, riguardano anche me. E anche perché ho visto che l’amicizia con persone con disabilità aiuta ad avere una vita più consapevole.
Alcuni ragazzi delle scuole superiori si sono avvicinati per la prima volta nelle varie edizioni del progetto “Sportivamenteinsieme”: per loro, come per chiunque volesse provare l’esperienza di volontariato al Gabbiano, le porte sono sempre aperte!
(Giampiero Remondini)