Mercoledi 19 maggio alle 11.30 l’associazione Il Gabbiano: noi come gli altri ha ospitato la 5^ tappa del Milano Social Tour, 12 incontri promossi dal Presidente del Consiglio Comunale Lamberto Bertolè con la collaborazione di Claudio Minoia in 12 luoghi “di cura” della città. E’ stato richiesto all’associazione di ospitare uno degli incontri in programma, naturalmente quello relativo al tema della disabilità, data la visibilità e la centralità nel panorama sociale di Baggio che essa vanta. Davvero tanti gli spunti emersi. Lamberto Bertolè ha introdotto presentando le ragioni che lo hanno spinto ad organizzare questi incontri. Sostanzialmente ha voluto incontrare alcune delle realtà significative della città di Milano per raccogliere le esperienze seguite alle pandemia e le proposte per un rapido ritorno alla normalità. L’occasione è stata pensata per esporre e condividere idee nuove, suggerimenti per rilanciare un welfare consolidato ed in rete con la pubblica amministrazione.
Giacomo Marinini, presidente dell’Associazione, ha raccontato l’esperienza trentennale del Gabbiano a Baggio, mettendo in luce i problemi e le necessità del volontariato, temi già da tempo affrontati e sviluppati al nostro interno. Era inoltre presente Elena Dottore, dell’associazione La Nostra Comunità e già presidente della Consulta Milanese. Ha immaginato si possano creare luoghi che diventino veri e propri osservatori dinamici, dove fare emergere e conoscere le esperienze che oggi ancora si sviluppano sotto traccia. Il “sistema servizi” nella nostra città è qualcosa di cui dobbiamo avere cura, che non possiamo dare semplicemente per scontato. Bisognerebbe poi contrastare il sistema di solvenza nei servizi alle persone con disabilità, che ancora oggi la normativa giustifica ampiamente. Elena ha inoltre messo l’accento sui problemi dei minori con disabilità, fascia che è tuttora particolarmente scoperta e lasciata alle cure quasi esclusive della famiglia. In particolare sono stati sottolineati i bisogni della fascia preadolescenziale e la necessità di pensare ad un buon servizio di orientamento al lavoro; la pandemia ha messo in crisi questi ambiti, bloccandone lo sviluppo.
Giovanni Raulli, di Spazio Aperto Servizi, ha sottolineato quello che ormai, per loro è diventato un metodo nella gestione delle case di accoglienza e degli spazi dedicati alle sperimentazioni e al Durante – Dopo di Noi. Sono i luoghi, i servizi che si devono adattare alle persone con disabilità e non viceversa. E’ quindi un lavoro di adattamento costante, perché le persone cambiano. Bisogna prima incontrare le persone e solo dopo si possono costruire i servizi che rispondano alle loro esigenze e richieste. Sembra qualcosa di scontato, ma raramente è così. Naturalmente resta il problema di una costante e importante raccolta di fondi. Questo impiega molte energie nelle organizzazioni. Il pubblico dovrebbe avere più coraggio e sostenere esperienze innovative, non solo “blindate” nei parametri previsti dai bandi. Marco Rasconi, presidente UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e già presidente di Ledha, ha riportato all’attenzione di tutti la necessità che alle persone e alle loro famiglie vada data tranquillità, e che debbano essere prese in carico sempre, ma soprattutto nei momenti di criticità. I servizi devono poter accompagnare le persone con disabilità per tutto l’arco della vita e, soprattutto, le situazioni devono essere prese in carico da subito, addirittura dal momento della comunicazione della diagnosi ai genitori. Dopo i 65 anni, ad esempio, le persone mantengono la loro disabilità, ma per la Pubblica Amministrazione diventano tutti semplicemente “anziani” e quindi sono altri servizi a doversene occupare. Marco ha ricordato come molti servizi durante la pandemia siano stati tenuti in piedi dal Terzo Settore a fronte di un atteggiamento prudenziale del pubblico che ha preferito chiudere e mantenere qualche supporto da remoto. Ancora emerge il tema del coraggio della pubblica amministrazione… Ha detto chiaro e forte al presidente Bertolé:
“Usateci!, utilizzate il Terzo Settore che possiede la competenza e la disponibilità necessarie”.
Altre due sottolineature sono emerse: il problema della casa, e della possibilità di assegnare case accessibili nei percorsi di autonomizzazione delle persone con disabilità, e l’attenzione alle persone con problematicità multiple (donne con disabilità, migranti, genitori etc), temi ancora non presi in sufficiente considerazione. Pinuccia Pisoni, già presidente dei rappresentanti dei genitori dei CDD milanesi, ha riportato il fuoco sulla famiglia e sui genitori che, per primi, secondo lei, dovrebbero essere affiancati, orientati e sostenuti nelle scelte a favore dei figli con disabilità. E’ questo un target su cui si dovrebbe lavorare di più: riprendere il dialogo con quei genitori che non fanno frequentare i servizi ai figli, con chi li ha tenuti reclusi in casa per tutta la durata della pandemia e non riconosce alcuni bisogni importanti. Ha poi denunciato quello che, durante la pandemia, è stato il servizio dei CDD a distanza, troppo lacunoso e di difficile accesso per alcune famiglie oltre che privato di alcuni di quei momenti che più ne caratterizzano l’utilità. Era presente anche Cristina Cotroneo, presidente dell’associazione Diesis, organizzazione centrata sui bisogni delle persone affette da autismo ad alto funzionamento. Diesis gestisce attività rivolte alla formazione, all’organizzazione delle conoscenze e allo svolgimento di tirocini lavorativi. Questo periodo è stato di particolare difficoltà per le persone con autismo perché è mancata loro la possibilità di frequentare gli altri, eterno nodo critico, il contatto reale con le persone. Cristina ha sottolineato come sia stata demandata alle famiglie (e, in un certo senso lo sia sempre, non solo durante la pandemia) la ricerca delle soluzioni e dei servizi cui affiancarsi. Le famiglie difficilmente conoscono tutte le opportunità che la legge offre e non esistono servizi di orientamento in questo senso. Il sogno per le persone con autismo ad alto funzionamento è quello della creazione di condomini solidali dove possano vivere in parziale autonomia. Per ora, appunto, solo un sogno.
In conclusione Rosario Pantaleo (consigliere comunale) ed il presidente Bertolè hanno ripreso alcuni dei temi emersi ed sottolineando, da una parte, il ruolo delle singole municipalità, dall’altra la necessità di una trasversalità nei vari servizi che devono essere collegati e sincronizzati tra loro. La ricchezza dei servizi che una città come Milano offre, necessita che vi sia una regia, che i singoli pezzi del puzzle servizi possano essere messi insieme ed a disposizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Per quanto ci riguarda, il continuo richiamo ai bisogni delle famiglie, alla loro richiesta di un accompagnamento puntuale, al loro desiderio di essere ascoltate ed orientate, non può non sottolinearci la necessità di un rilancio del Centro Ascolto dopo quest’anno e mezzo di fatica. Il tema dei minori, della qualità dei servizi residenziali e della qualità di vita delle persone che li frequentano devono invece suggerirci la linea da seguire nei progetti già in atto ed in quelli che andremo ad aprire. Le idee, gli spunti e le provocazioni non sono mancate. A noi portarci dentro quanto può aiutarci a realizzare servizi sempre più adatti alle persone ed alla qualità della risposta.
(Claudio Meazza)