Chi desidera devolvere il 5×1000 all’associazione di volontariato “Il Gabbiano noi come gli altri” può indicare il codice fiscale n. 09218170158
Ci si potrebbe effettivamente chiedere come sia possibile conciliare l’idea di vita indipendente con la condizione di disabilità, due concetti apparentemente antitetici o comunque molto distanti. Proprio a questo tema è stato dedicato uno degli appuntamenti del corso di formazione per i volontari organizzato dall’Associazione “Il Gabbiano – Noi come gli altri”. Durante l’incontro, tenuto da Paolo Aliata, docente della Ledha, si è ribadito che la vita indipendente può, e deve, essere un diritto anche per la persona con disabilità. Si tratta di un diritto riconosciuto anche dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, che sancisce “la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza” e il diritto ad accedere all’assistenza e ai servizi necessari “per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione”. Con “vita indipendente” ci si riferisce non tanto ad una dimensione del “fare”, dell’autonomia, della capacità della singola persona di espletare da sola attività della vita quotidiana anche attraverso l’uso di ausili personalizzati. Si intende piuttosto una dimensione dell’essere, del poter scegliere, del prendere decisioni circa la propria vita. Non solo questo diritto è spesso negato; talvolta non viene neanche riconosciuto che la persona con disabilità possa avvertire il bisogno di una vita indipendente, che è invece una tappa fondamentale nel percorso di vita di qualsiasi persona. Si tratta di una transizione caratterizzata, come per chiunque, da emozioni dense e difficili e ambivalenze, dove però in questo caso le ansie e paure sono amplificate per via della disabilità. La persona con disabilità avverte il bisogno e il desiderio di differenziarsi dalla famiglia, ma deve anche misurarsi con le proprie possibilità e i propri limiti. Si avverte in maniera più forte l’impatto con la diversità e si devono affrontare i rimandi che arrivano dal mondo esterno. Sia la persona che la sua famiglia devono elaborare la separazione e cominciare a pensare al futuro della presa in carico: chi si occuperà di me/di nostro figlio? Chi darà protezione e voce alla persona dopo i genitori? Anche i genitori si trovano a dover ricostruire la propria identità di coppia dopo l’uscita di casa del figlio. A tutto questo si aggiunge poi la preoccupazione, non indifferente, per gli aspetti operativi ed economici. L’affermazione del valore della vita indipendente costituisce certamente una sfida, che diventa ancora più complessa quando si parla di disabilità intellettiva, in cui si fa fatica a immaginare che la persona possa elaborare un proprio progetto di vita. Eppure anche nella disabilità intellettiva si devono trovare e riconoscere spazi di autodeterminazione. Il problema in questo caso è degli operatori, dei familiari, dei rappresentanti legali e di quanti supportano la persona con disabilità intellettiva: è necessario assumersi la responsabilità di comprendere codici comunicativi non usuali, per rappresentare al meglio e dare voce ai desideri e alle aspirazioni della persona.
Le persone con disabilità intellettive, spesso, comunicano questo proprio desiderio attraverso il cambiamento dei comportamenti e richiedono perciò che chi li affianca – a partire dai genitori – li riconosca adulti capaci di esprimere il proprio protagonismo. E’ proprio la famiglia a partecipare in maniera forte e concreta all’avviamento del percorso di indipendenza. In ogni caso, ricorda infine Aliata, la vita indipendente è una tappa nel percorso di vita della persona, una tappa fondamentale che parte dal riconoscimento basilare della dignità e unicità della persona che, nell’età adulta, ha il diritto di realizzare il proprio progetto di vita, al di là ed oltre i propri limiti.
Federica Calza