Attenzione: quello che sto per dire è adatto solo a un pubblico adulto. Perché riporterò per intero la frase detta da Charlie quando ha scoperto che da Gibilterra a Torremolinos non torna indietro proprio nessun treno, come gli avevo assicurato, semplicemente perchè quel treno non esiste. Mi ha guardato, con un raro moto di stizza, ed ha detto: “Claudio , ti posso fare una domanda? Ma tu come cazzo l’hai preparato questo viaggio?”
Beh, le cose da dire sono molte; cominciamo da qui. In effetti è un viaggio che parte in maniera un po’ particolare, guidato da filosofie diverse. Ci sono io, che effettivamente penso che si debba partire e basta. Serve una meta, approssimativamente definita ed ideologicamente identificata, una cartina, che peraltro non ho, un sacco a pelo, il fornellino che poi, come diceva il buon vecchio Arturo Paoli, camminando s’apre cammino. In altre parole ogni giorno basta a se stesso e i problemi che via via si pongono si risolvono, basta avere un piano. Le tappe, poi, si autogenerano e dove dormire non è un problema. Poi c’è Tino, che non ama gli imprevisti e vuole sotto controllo tutto, soprattutto gli itinerari. È un adoratore di Google map, cui affida la sua persona e gli amici che lo accompagnano e, come minimo, ha già previsto le spese in dettaglio giorno per giorno. Infine Massimo. Lui non ha una filosofia. Lui ha una tabella excel. Gli sono chiare le tappe, le soste, gli alberghi, gli itinerari, i costi. E ce l’ha da un mese prima di partire. E allora a questo punto la domando gliela faccio io: “Massimo, cosa cazzo lo preparavo a fare il viaggio, che tanto hai già previsto tutto tu?”
Massimo era stato chiaro: io vengo, ma voglio dormire tutte le notti in un letto, non per terra. Era la sua condito sine qua non. Lui e Tino avevano spinto perchè la tenda restasse a casa; ero riuscito a far passare il concetto che almeno materassino e sacco a pelo si portavano che non si sa mai: ti trovi sulle montagne che non c’è nulla, che fai? Teoria oltremodo idiota, come dimostrato dai fatti: sacco a pelo e materassino hanno costituito un peso ragguardevole portato a spasso a veder l’Europa. E basta, non sono quasi mai serviti. Però io devo dire una cosa, lo devo a loro due. Se non fosse stato per Tino sugli itinerari e per Charlie sull’organizzazione complessiva, io oggi vagherei dalle parti di Ivrea chiedendo ai passanti: per dove per Gibilterra?
E invece siamo qui. Siamo a 120 km da Gibilterra e ancora mi mangio le mani per non aver chiesto ad un bookmaker irlandese di fare le quote e raccogliere le scommesse. Sì che avremmo fatto i soldi, che nessuno ci credeva. Ci compravano la Bentley, altro che pullmino. Vabbè, quindi grazie Tino, grazie Charlie. Aggiungerò, e poi basta, grazie Charlie, perché nello sconforto totale delle ventate in faccia, delle strade sbagliate e dei postacci che ci capitavano, io sarei tornato indietro. Avrei abbandonato.
E oggi, a 120 km dalla meta, abbiamo un piano.
Prima di tutto le borse restano a terra. Oggi si vola leggeri. Si va a Gibilterra leggeri. C’è l’autobus x tornare ed il sito dice che, se hai le bici, vai al terminal del bus e sistemi con l’addetto. Così stamane per tempo andiamo al terminal e quello che non ti dice il sito te lo dice l’addetto. Le bici sì, ma impacchettate. Il nostro piano salta. E adesso? Con la bici scarica 120 li facevamo. Era una botta, ma la chiudevano lì. Abbiamo un altro problema: i siti dicono (sempre a credere ai siti….) che a Gibilterra in bici non entri. Ci arriva la E340 in versione 4 corsie traffico veloce e la A7, l’autostrada. Stradine niente. Decidiamo di provarci lo stesso, piuttosto si dorme fuori con quel che abbiamo addosso. È tardi ormai, ma partiamo. Le bici sono leggerissime. Nessuna pressione sui pedali e vai. I rapportoni manco li senti, quegli stessi rapportoni che con le borse non riesci mai a spingere.
Torremolinos, Benalmàdena, Fuengirola: un unico, bellissimo, infinito lungomare che decidiamo di percorrere anche se qui siamo in piena stagione: inglesi e olandesi affollano spiaggia, lungomare, baretti e ristoranti. Poi il lungomare finisce ed inizia una bella cavalcata che Massimo definisce l’onda, per la conformazione del terreno. Ha morbide salite cui seguono discese simmetriche e così via, in un moto ondoso che si pedala facilmente, in qualche caso anche volentieri. Ma ad un certo punto la pacchia finisce e Google maps, pensando di evitarci superstrada e autostrada, ci manda nell’interno. Beverly Hills. Stradine residenziali piene di belle ville dove i tratti si susseguono con pendenze del 20% continue. Su dalla rampa 7 box, giù dalla rampa dei box e avanti così per un’ora.
Finalmente riusciamo ad attraversare l’autostrada su una passerella pedonale. Dall’altra parte troviamo presto una nuova passeggiata a mare tutta in legno a ridosso della spiaggia. È l’unico passaggio verso ovest oltre all’autostrada; peccato che i cartelli ‘passaggio pedonale’, ‘divieto di transito alle biciclette’ siano continui. Andiamo avanti un po’ ma siamo perplessi. Quando anche questa passeggiata a mare finisce siamo a Calahonda.
È tardi e i passaggi verso Gibilterra sembrano terminati. La consideriamo un’esplorazione e decidiamo di tornare indietro.
Troviamo un passaggio che in alcuni tratti avevamo notato all’andata. A fianco dell’autostrada al di qua del guard rail c’è una specie di marciapiede largo una settantina di cm ci passa un Pedone E con un po’ di fantasia anche una bicicletta. È un percorso allucinante le quattro corsie dell’autostrada colme di traffico sono lì a pochi centimetri da noi. La traccia è sconnessa e troppo stretta, tuttavia ci evita di ritornare sulle colline. Alle 18 Siamo a Torremolinos: abbiamo percorso 67 chilometri e non abbiamo concluso nulla.
Marina e Paola ci aspettano con aperitivo è un ottima cena. Ma Gibilterra è ancora là, ed il nostro assalto è andato a vuoto.
Ma non disperiamo: ci ragioniamo un po’ e mettiamo giù un piano.
Domani a Gibilterra!