LINEA A CLAUDIO E MASSIMO, IN BICI PER REGALARE UN PULLMINO A CTB:
Allora: ieri giornata da dimenticare. Quando si è nel pallone, ho sempre sostenuto, è necessario avere un piano. Da ieri sera e con l’aiuto dei nostri informatici a Milano, Sandro, Andrea e Davide, ci stiamo lavorando. Sandro ci ha mandato le sue proposte di soluzione stanotte alle 2. Formidabile. Stamattina il piano era sulla carta. Primo inevitabile step il trasferimento a Cartagena.
Ieri sera avevamo mangiato nel ristorante sotto l’alberghetto e questa mattina nello stesso posto ci veniva servita la colazione. Colazione parca, ma questi ci stanno simpatici e quindi va bene così. Restiamo a lungo al tavolo a studiare le mappe, internet, costi, itinerari. Quando ci mettiamo in moto sono passate da un po’ le 10.30. Ma a noi che c’importa? Cartagena sta a una cinquantina di chilometri e sembra praticamente tutta piana. Insomma zero preoccupazioni. Bisogna dire che praticamente oggi non facciamo che pochi metri sulla N332, perché, onore al merito, sono tutte piste ciclabili. C’è un po’ di venticello, ma non ci badiamo. Davide ci preavvisa via wa di un ponentino in aumento nel pomeriggio. Tiriamo avanti tranquilli fino a San Javier, dove decidiamo sosta pranzo sui tavolini di un baretto nella piazza della Chiesa. Colpisce la quantità di belle ragazze che affollano la piazza. Nonostante le minigonne vertiginose, i tacchi a spillo e le mise improbabili, deve trattarsi di prime comunioni o cresime, fatte, da queste parti, non ai bambini ma agli adolescenti. Birra e panino; solo che il panino è così semplice e buono che diventano tre panini e due birre a testa. Continuiamo a prendercela comoda e ce ne stiamo seduti a chiacchierare coi vicini di tavolo per un’oretta buona. Quando finalmente ci alziamo e torniamo in bicicletta, lassù qualcosa è successo. Quel ponentino in aumento è in realtà una furia della natura. Sulla strada volano sacchetti e lattine di ogni tipo, bottiglia di plastica, fogli di carta, tutto nella nostra direzione, tutto sul naso. Abbiamo un vento contrario da paura e avanziamo con rapporti cortissimi ma con grande fatica.
Sviluppiamo velocità di circa 7-8 kmh. Mancano più di 20 km all’arrivo e, di questo passo, arriviamo domani mattina. Tanto per tanto potremmo farla a piedi. La fatica è pazzesca e ancora una volta ci chiediamo perché Eolo ce l’abbia con noi. Forse pensa che intendiamo scappare con le donazioni per il pulmino? Ma noi non abbiamo alcun accesso a quei soldi. Ditelo a Eolo. Sulla corsia opposta un ciclista sfreccia a 70 km l’ora con il vento che lo spinge a tutta. Naturalmente lo insultiamo con le peggio conosciute parole, ma ci chiediamo anche cosa ha fatto lui per meritarsi questo e noi per meritarci l’esatto contrario.Perché tutti i giorni si deve scontare una pena? Cos’è? Un ergastolo? Fine pena mai? Riteniamo che il tribunale che da qualche parte decide dei venti e delle salite ci abbia mal giudicati. Ricorreremo in appello, ma intanto le legnate le abbiamo prese.
Suppongo che pensiate che stiamo diventando troppo lamentosi, che esageriamo, per cui vi invierò il filmato di prova in cui si vedono lattine e borracce volare via nella direzione opposta alla nostra via. La gente di qui la domenica evidentemente va al ristorante, perché tutti i ristoranti che incrociamo hanno il posteggio pieno ed i tavoli stracolmi; ma, a riprova di quello che dicevo, stanno tutti al chiuso, che se no i loro polli allo spiedo volerebbero nell’arida campagna circostante con tutte le patatine fritte. È quello che succede alle nostre lattine quando ci fermiamo in uno di questi posti a bere perché disidratati dal vento.
Quel poco di esperienza di vela che ho mi dice che stiamo pedalando contro un vento di almeno venti nodi. Allora mi fermo e controllo l’anemometro del cellulare: Sono 22 nodi e le raffiche non meno di 30. Con questo vento in mare prenderesti una mano e quando il prodiere chiama le raffiche alla randa si lascherebbe velocemente. Qui non si può fare niente di tutto ciò: il buffo è che le raffiche le vedi, salgono improvvise le nubi di terra rossa dai campi al lato della strada e ti vengono sulla faccia, ma non puoi farci proprio niente. Dopo un po’ la terra rossa ce l’hai tra i denti e dà fastidio. Stalin era famoso per mandare alla taiga i presunti oppositori con quelle che si chiamavano le cinquine o le decine (che, per altro, si rinnovavano automaticamente di volta in volta). Non tutti sanno che, probabilmente, Stalin ne mandava alcuni a Gibilterra in bicicletta. Intanto Andrea, da Milano, ci trova un ostello a Cartagena. Mi viene in mente che quando Scipione la conquistò, probabilmente fece meno fatica di quanta ne abbiamo fatta noi oggi per arrivarci. Siamo abituati a vedere le città da lontano, le cime dei grattacieli ed i palazzoni disseminati sulla piana. Qui il maps si dà meno 5 km all’arrivo e non vediamo ancora nulla. L’incubo di aver sbagliato strada un’altra volta con il vento ancora lì che ci martella sul naso, si fa strada. E invece no. Cartagena è una città dignitosa, dai profili bassi e molto carina. Case antiche e ben tenute. L’ostello è nuovo, pulito e accogliente e Massimo è entusiasta del locale lavanderia, dove con soli €5 laviamo e asciughiamo tutto il nostro guardaroba estate inverno. Finito il ciclo asciugatura, usciamo con l’idea il comprarci qualcosa da cucinare qui all’ostello. Ma incrociamo il bar Sol. Se nella vita deciderete divenire a Cartagena, fatelo per una sola ragione: il bar Sol. non è un bar, ma un’esperienza indimenticabile: l’insalata che mi servono e la più buona che io abbia mai mangiato in vita mia, e tenete conto che sono molto anziano. Il liquorino gelato offerto alla fine, un sogno.
Rientriamo felici, e non solo x il bar Sol.
Abbiamo un piano.
Buonanotte.