Con molti volontari non ci vedevamo da febbraio. Un’eternità se sei abituato a vederti ogni sabato. Allora ci siamo dati appuntamento, con chi ha potuto, nel cortile di via Ceriani previa una promessa: mascherina e distanze. Abbiamo frenato la voglia di abbracciarci e, dopo una chiacchiera, ci siamo disposti a un metro di distanza. Giacomo ha ringraziato Ernestina Ghilardi per il regalo che ha voluto fare ai nostri amici. Materiale per disegnare, un’idea preziosa in questi tempi più vuoti di impegni. Qualcuno di loro è anche venuto a ritirarlo, però prima. E alla spicciolata perchè, anche se eravamo all’aperto, volevamo assolutamente evitare il rischio assembramento. C’era un gran freddo e stava calando la nebbia, insieme al buio, proprio come dev’essere a metà dicembre. Uno alla volta, ciascuno di noi ha acceso una candela e l’ha posata per terra esprimendo un breve pensiero ad alta voce. Facevano una bella luce. Più accogliente che abbagliante. Sono bastati quei pochi minuti per realizzare “sul posto” il colossale furto di bei momenti che ci ha fatto il coronavirus. Quasi un anno di sabati pomeriggio, il gazebo da montare alla Sagra di Baggio, le prove di uno spettacolo, il pranzo alla Cava Aurora, i compleanni, la compagnia di tante persone tutte diverse, il caffè al bar lì vicino parlando di calcio. La sensazione di essere come in viaggio verso il posto giusto e con le persone giuste. Tutto interrotto. Rubato da un microbo. Qualcuno nemmeno potrà più tornare. Dalla finestra un ospite della comunità ha aperto la finestra e ha urlato “Ciao!” con tutta la voce che aveva. In quel “ciao” c’era la sua, ma anche la nostra volontà di continuare questa “resistenza” per ricominciare più forte di prima. Sapremo aspettare e sapremo riprenderci quei momenti.