#Dinuovoinviaggiocolgabbiano, seconda tappa. C’è tanto di Elena e Fiorella in questo Gabbiano che continua il suo percorso. Non serviva certo il Covid a ricordarcelo… ma abbiamo deciso di usare questo rallentamento forzato per riprendere il filo. Seconda tappa, la parola a Giampiero.
Le gemelle, ovvero, Elena e Fiorella. Qualche volontario/a salterà dalla sedia. Ma dai, le gemelle! Mite e pacata la seconda, di una risata debordante la prima. Dopo il gran vociare del sabato pomeriggio al Gabbiano, il viaggio di ritorno in macchina fino alla Piccola Casa del Rifugio di via Antonini era il tempo della pace.
Elena si sedeva davanti e continuava a sghignazzare come l’educato e tumultuoso fiume in piena che si intuisce nella foto (dove c’è anche Maria Rosa, una delle volontarie-roccia, di quelle, cioè che hanno “fatto” il Gabbiano). Fiorella si sedeva dietro e aveva una voce così bassa che non riuscivo mai a sentire quello che diceva. Qualche volta veniva anche la madre Anna che abitava nell’Istituto con loro, una donna avanti negli anni, dotata di ironia e di un livello culturale superiore. Elena e Fiorella erano la personificazione dell’armonia. Al punto che la sindrome di Down di cui erano affette, diventava un dettaglio. Evidente, guai a rimuoverlo, ma non così importante nella scelta della compagnia. Vedevi Elena e Fiorella e ti veniva voglia di stare con loro perché, senza volerlo, ti mostravano come si fa a vivere bene. Tu, che saresti quello “normale” (tra molte virgolette), persino quello “buono” nella narrazione stravagante di chi considera tale chi fa volontariato, impari, insomma, da chi, in teoria, dovrebbe essere “svantaggiato”. Come? Guidando in tangenziale, il sabato al tramonto, con due gemelle ultrasessantenni che ti fanno compagnia. Non è affatto strano. Quando scopri la reciprocità, poi non ti sorprendi più che è proprio così che funziona. Qualcosa dai, qualcosa ricevi. Sempre. Elena se n’è andata per prima. Fiorella ha continuato a venire al Gabbiano da sola e io ho continuato a riaccompagnarla fino, mi pare, al 2009, quando se n’è andata anche lei a più di settant’anni, forse addirittura 74. La borsetta a tracolla, il fazzoletto piegato nel risvolto della manica, i guanti e la sciarpa coordinati. Ci ho sempre visto un ordine invidiabile, perchè non fine a se stesso. E una buona educazione deliziosa, perchè non perbenista, ma conquistata con la fatica e l’impegno adulto.
Giampiero Remondini