Lo scorso giugno la Fondazione Veronesi ha pubblicato una ricerca secondo la quale si stima che siano circa 100 mila i giovani “hikikomori”, quelli, cioè, che hanno scelto di isolarsi completamente dalla vita sociale, restando rinchiusi nella propria abitazione. Lo psicologo Marco Crepaldi motiva così: “I giovani che sperimentano una forte ansia sociale faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società”. Casi limite? Non proprio. Secondo l’Istat ben 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano insoddisfatti della propria vita e si trovano in una condizione di scarso benessere piscologico che sfocia in atti di bullismo, vandalismo e consumi di alcool.
Nel viaggio più difficile dell’adolescente, verso la ricerca e la costruzione della propria identità, Il Gabbiano offre tre possibili rotte: la scoperta della disponibilità interiore permanente alla SOLIDARIETA’, l’appartenenza a una COMUNITA’ molto più grande del gruppo dei pari e la forza della RECIPROCITA’ (do e ricevo) dentro la relazione con una persona con disabilità cognitiva. Con la nostra intervista intitolata “Il tuo filo invisibile” abbiamo pensato di sollecitare nei giovani questi spunti. Il progetto potrebbe subire un’accelerazione importante se in estate otterremo buone notizie dal bando della Regione a cui abbiamo partecipato con i nostri partner di Associazione InCerchio. Lo abbiamo chiuso ieri. Vorremmo estendere questo dialogo-intervista incontrando i ragazzi nelle scuole superiori, invitarli a provare l’attività di volontariato, proporre loro un breve corso di formazione e infine promuovere questi principi con uno spettacolo teatrale che a fine 2024 riporti in scena la Compagnia del Gabbiano, composta da attori volontari e con disabilità, in una versione più avanzata dello spettacolo del 6 maggio.
|
Stiamo cercando di finanziare un progetto che qui è riassunto in poche righe, ma che è molto articolato. Nelle nostre intenzioni, il contatto diretto con la disabilità consentirà ai giovani di verificare in prima persona la fragilità altrui e la capacità di affrontarla e di accettarla. Ma il corso di formazione potrebbe aiutarli a trovare anche altri ambiti dove attivarsi. Vogliamo creare volontari, non per forza volontari del Gabbiano. Certo se venissero da noi li accoglieremmo ben volentieri e loro riceveranno dai nostri amici un INSEGNAMENTO forse involontario, ma lo stesso prezioso, per trovare un equilibrio dentro di sè.
Pensiamo che questa sia una delle medicine più efficaci per contribuire al riconoscimento e all’accettazione completa di se stessi, quindi anche nei limiti, non solo nelle potenzialità. Questo può aiutare a rompere l’isolamento. Se un solo giovane diventasse una “persona sociale” sarà quindi anche merito delle persone con disabilità cognitive, che con i loro limiti e le sue risorse, avranno avuto il ruolo di educatori.
Al Gabbiano siamo già consapevoli di questo rovesciamento del senso comune, ma fuori…
Però noi ci crediamo.
Vogliamo questa vittoria.