Per il volontariato e quindi anche per noi dell’associazione Il Gabbiano ogni occasione è buona per fare il punto, confrontarsi ed interrogarsi sul suo stato di salute. Ultima occasione in ordine di tempo è stata la presentazione, poco tempo fa, da parte del CIESSEVI (Centro di servizio per il volontariato) e della Provincia di Milano del primo”Vademecum per orientamento al volontariato”.
Termine un poco ostico vademecum, che richiama subito qualcosa di consultabile in modo rapido quando non si hanno le idee chiare o non si sa esattamente la direzione da prendere. In effetti non è proprio così; un vademecum sull’orientamento serve ad iniziare o continuare quella pratica di accoglienza, ascolto ed indirizzo che l’orientamento ha in sé. Questo perché l’orientamento ha essenzialmente due finalità: quella di mettere in condizione il volontario di poter effettuare liberamente la propria scelta e quella di supportarlo in questo processo di scelta.
Se però il CIESSEVI, dopo tanti anni di attività ha sentito la necessità di produrre oggi un tale supporto è forse un sintomo che, nell’attuale fase, vi è bisogno di affinare e potenziare la nostra azione; la sensazione di difficoltà è affiorata infatti in vari interventi.
Lino Lacagnina, presidente CIESSEVI, ha incentrato la sua introduzione su un punto dolente: la presenza dei giovani nelle associazioni di volontariato. Partendo dal dato che i volontari sotto i 29 anni sono il 18,4%, si è augurato che le associazioni siano più aperte e più accoglienti per i giovani, che procedano in un processo di svecchiamento e, sfondando una porta aperta, che i giovani possano essere protagonisti.
Ezio Casati, assessore ai rapporti con il volontariato della Provincia, ha detto in modo chiaro che l’istituzione ha sempre più bisogno del volontariato; non si potrebbe sopportare uno sciopero del volontariato. L’affermazione potrebbe sembrare un paradosso in termini, ma il solo averla ipotizzata può forse voler dire che oggigiorno è possibile. Ha posto al primo punto del suo vademecum di amministratore l’essere un semplificatore dei rapporti ed ha ribadito anch’egli che bisogna motivare i giovani dando loro l’esempio. Gianfranca Duca, coordinatrice CIESSEVI, ha accennato ai principi ispiratori del documento. Ancora troppo poche associazioni danno importanza all’orientamento, aprendosi a un nuovo modo di intendere l’organizzazione. Ci deve essere un confronto continuo tra l’aspirante volontario e l’organizzazione che deve avere una costante capacità di ascolto. Lo snodo è tra le attese del neovolontario e le sue esperienze all’interno dell’organizzazione. Le grandi attese non devono andare deluse perché 8 giovani su 10 mettono al primo posto per la loro fiducia, prima anche della scuola, le organizzazioni di volontariato. Per Eugenia Montanini, sociologa dell’Università Cattolica, nel momento in cui il volontario entra nell’organizzazione è l’organizzazione stessa che cambia perché ognuno ha un vissuto differente e contribuisce a questa dinamica.
E’ importante che l’associazione si guardi dentro e si guardi attorno, al contesto che cambia, in modo da creare momenti di autoformazione. E guardando appunto al contesto, bisogna riflettere sul fatto che volontariato non vuol sempre dire automaticamente gratuità (crediti formativi, servizio civile nazionale) e che soprattutto per i giovani è importante la flessibilità. Flessibilità vuol infatti dire oggi avere una vita parcellizzata, una frammentarietà del lavoro e del tempo libero. Da qui la difficoltà di concepire il volontariato come continuità e la tendenza per alcuni al volontariato spot (ad esempio: il banchetto occasionale). Infine Jacopo Zotti, giovane studente, ha detto una cosa molto semplice. Stanti i motivi ideali di base, i giovani trovano gli stimoli nel gruppo (gruppo di amici, di compagni di scuola), un gruppo che socializza e che gioca. Perché il giovane lasciato solo è debole ed è difficile fare il primo passo, mentre il gruppo dà continuità. Insomma temi e spunti già noti ma che testimoniano le difficoltà del momento, specialmente nel processo di ricambio generazionale. Con i cambiamenti sociali su grande scala, che spesso vanno in direzioni opposte, il mondo del volontariato è ancora solido e in salute, ma si avverte la fatica di stare al passo, di cambiare non annacquando le proprie radici.
(Nello Dragonetti)