Il volontariato e gli ambiti associativi rappresentano oggi un’opportunità importante per chi è alla ricerca di occasioni e luoghi dove riuscire a creare relazioni che non siano frammentarie e superficiali, offrendo al tempo stesso la possibilità di rispondere ai bisogni del territorio e della comunità. L’Associazione “II Gabbiano” desidera, partendo da sé e dai suoi volontari, iniziare un percorso aperto a tutti per riflettere insieme su questo argomento, con la speranza di dare risposta anche ad aspiranti nuovi volontari che l’Associazione sta ricercando. E’ stata quindi organizzata una serie di incontri, il primo dei quali ha avuto come obiettivo quello di lavorare sulle motivazioni che hanno portato alla scelta di fare volontariato. Abbiamo invitato i volontari a riflettere su questi temi:
Cosa mi ha spinto a fare volontariato in questa associazione?
Cosa mi sento di poter offrire?
Cosa mi porto a casa dopo le mie ore di volontariato?
Le motivazioni emerse sono le più varie: ci si avvicina al volontariato per una volontà di rispondere al bisogno degli altri, per convinzioni etiche o morali, ma anche per curiosità, per il semplice fatto di avere del tempo libero a disposizione, o per caso, perché incoraggiati da qualche amico, a volte per prendere le distanze dai propri problemi, o ancora, per chi ha una disabilità all’interno della propria famiglia, dal desiderio di portare ad altri la propria esperienza.
Le motivazioni di partenza possono quindi essere davvero molto diverse fra loro: alcune appaiono più “altruistiche”, altre più “egoistiche”, altre ancora sembrano legate alla casualità, ma sono tutte motivazioni legittime ed è importante esplicitarle. Le motivazioni infatti non sono qualcosa di statico e immutabile ma devono essere continuamente ripensate e rinnovate affinché evolvano e si mantengano vive nel tempo.
La seconda domanda aveva invece l’obiettivo di incoraggiare il volontario a esprimere ciò che pensa di poter offrire personalmente. Ciò che è emerso con maggior frequenza è l’aspetto relazionale: offrire se stessi per donare amicizia, affetto, benessere, gioia.
C’è poi l’aspetto del fare: il fare qualcosa insieme, l’aiuto pratico, il rispondere ai problemi. Infine l’aspetto legato alle risorse: il tempo innanzitutto, ma anche le proprie competenze professionali, l’esperienza personale della disabilità o, ancora, la propria esperienza di vita.
E’ da notare che non per tutti è stato facile rispondere con immediatezza a questa domanda, che si è rivelata quindi utile proprio per stimolare una riflessione rispetto a questo tema.
Dalle risposte emerge però anche un’altra considerazione: è stata, giustamente, data una grande rilevanza al tema del rapporto con la persona disabile, ma non dobbiamo dimenticare che tutti i volontari, anche quelli che non entrano direttamente in relazione con i disabili (chi fa la contabilità, le pulizie, o i lavori a maglia da vendere per l’autofinanziamento), apportano un contributo ugualmente importante, senza il quale l’Associazione non potrebbe portare avanti le sue attività.Non esistono quindi volontari di serie A e di serie B ed è compito specifico dell’Associazione valorizzare tutti i volontari che apportano il proprio contributo, indipendentemente dall’attività svolta o dal numero di ore dedicate. La terza domanda chiedeva invece ai volontari cosa ricevono dall’esperienza di volontariato. Anche qui ritorna il tema fondamentale della relazione: da un lato per molti la scoperta della ricchezza della persona disabile, la possibilità di instaurare amicizie vere e autentiche, la possibilità di imparare a gioire; dall’altro lato il rapporto con l’Associazione e i suoi volontari, il senso di appartenenza, la possibilità di allargare le proprie conoscenze, il sentirsi in un bell’ambiente. C’è poi l’aspetto etico e morale: la sensazione di aver partecipato a qualcosa di giusto, di essere a posto con la propria coscienza, di aver fatto qualcosa per gli altri. Molti parlano anche di crescita personale; c’è poi chi ha imparato a gioire delle cose, chi ad essere tollerante, chi ad essere consapevole di essere fortunato. Ciascuno “porta a casa” dal fare volontariato qualcosa di diverso e personale, ma tutti hanno la consapevolezza di ricevere qualcosa dall’esperienza che fanno. Questo non è un aspetto marginale o secondario, ma sta alla base delle motivazioni che, come abbiamo visto, spingono a diventare volontario e, soprattutto, a continuare ad essere volontario nel tempo. Questa riflessione può essere utile al volontario per ripensare alle proprie aspettative e al loro confronto con la realtà, ma anche all’associazione che deve sempre tenere presente i bisogni dei suoi volontari. Questi infatti devono essere visti non solo come persone che “danno”, ma persone che devono anche “ricevere” perché la loro motivazione rimanga viva e cresca nel tempo e faccia sì che la volontà di dare un contributo non si esaurisca nel tempo.
Ma di questo parleremo nel prossimo articolo.
(Federica Calza)