#inviaggiocolgabbiano – XIII tappa. Se intendiamo “portare” la disabilità fuori dai confini ristretti dei “centri”, allora bisogna andare anche sul territorio, proprio dove vivono e passeggiano gli altri cittadini. Nei negozi, per esempio. Ecco il motivo per cui oggi presentiamo la conversazione con Chiara Palmigiani, una delle titolari (nella foto, tutte e tre insieme) di CartadaZucchero, la pasticceria di via Ceriani a due passi dalla nostra sede. La conoscerete senz’altro per il profumo delle torte che si avverte passando di lì… ma oggi ci piace raccontarvela in questa inedita veste. Prendetevi il tempo che serve e… buona lettura.
di Giacomo Marinini e Giampiero Remondini
Quando in pasticceria entra una persona con disabilità, cosa provi e come ti approcci?
La pasticceria è un luogo di dolcezza, un posto tranquillo dove fare due chiacchiere comodamente. E’ di tutti i nostri clienti il diritto di poter usufruire degli spazi al meglio. Quando entra un disabile o un anziano ci preoccupiamo che, come tutti, possa sentirsi a proprio agio.
Come abituarci a guardare non solo il limite ma anche le potenzialità di una persona con disabilità?
In generale, soltanto attraverso la conoscenza si riesce ad acquisire gli strumenti per comprendere e capire. I luoghi comuni, i giudizi approssimativi e superficiali, sono lontani dalla verità delle cose. Solamente l’incontro con la disabilità, inteso come volontà di capire e farsi capire, può aprirci un orizzonte più ampio che va al di là dei limiti più evidenti, oltre le apparenze.
La capacità di accogliere, l’assenza di maschere: non è certo una regola assoluta, ma tanti dei nostri amici, tra le difficoltà che pure ci sono, hanno questi pregi. Saper accettare il proprio limite rende più sereni e quindi si ha davvero molto da insegnare. Cosa ne pensi?
Sono convinta che una vita difficile possa donare immensa saggezza. Oltre a quelle dei bambini, le anime più ricche e belle sono spesso quelle che percorrono cammini in salita lottando contro una natura faticosa e imprevedibile. Credo che avrei tutto da imparare da chi accetta i propri limiti.
In questa società così tecnologica, competitiva e impaurita, c’è ancora spazio per l’empatia, che è la capacità di mettersi nei panni dell’altro?
Siamo EGOcentrici, EGOriferiti. La società ci spinge sempre più verso “noi stessi”. La nostra bellezza estetica e la nostra serenità spirituale vengono rincorse con impegno e accanimento. In tanti siamo coinvolti in questo vorticoso meccanismo, ma con lo scorrere del tempo ci si accorge che, quando lo sguardo si riflette sempre su di noi, all’orizzonte si apre una via di solitudine. L’empatia significherebbe aprire gli occhi sugli altri e guardare oltre noi stessi: è la base di ogni relazione. Come si può pensare una società senza questo spazio?
Come immagini il futuro per una persona disabile quando la famiglia d’origine verrà a mancare?
Quel futuro fa molta paura. Strutture come la vostra devono essere sostenute dai cittadini e dalle amministrazioni perché rappresentano una grande rassicurazione in questo senso.
Infine una curiosità: perchè “CartadaZucchero?”. Dai, raccontaci qualcosa della vostra attività
CartadaZucchero apre con l’aiuto di un bando comunale per il recupero delle periferie. Abbiamo scelto via Ceriani tra luoghi diversi della nostra periferia perché abbiamo percepito subito una speciale atmosfera. Dopo 4 anni possiamo certamente dire che l’intuizione è stata giusta. CartadaZucchero sta diventando, come nei nostri sogni, un luogo di ritrovo e incontro per il quartiere e noi faremo in modo di renderlo sempre più speciale con nuove ricette e nuove interessanti proposte culturali. Riponiamo sempre più attenzione nella scelta delle nostre materie prime. Utilizziamo farine, burro e zucchero biologici e acquistiamo favolose mandorle d’Avola, pistacchi di Bronte e nocciole delle Langhe direttamente dai produttori. Le nostre ricette sono semplici e nascono da esperienze vissute perché prima di essere state proposte sono certamente state condivise. Impossibile non raccontarvele. Venite a provarle.
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