Tutti hanno un diario a cui raccontare le cosa piu’ delicate. Segrete, belle e meno belle. E’ importante possederlo e tenerlo sempre aggiornato perche’ e’ li’ che c’e’ la nostra vita, ci sono i nostri sentimenti, gli amori, le rabbie, le fatiche, le emozioni, le gioie, le contraddizioni e per me c’e’ mia figlia con i suoi grossi problemi. Il mio diario e’ simbolico, nel senso che la sua sede l’ho identificata in quel muscolo del nostro corpo che ci mantiene in vita: il cuore. Spesso il mio pensiero entra nel mondo dell’handicap psichico, fisico e con naturalezza s’intrufola nelle famiglie che vivono la vita in modo differente. Varrebbe veramente la pena di fermare per dieci minuti il nostro orologio e pensare a queste persone forse un po’ dimenticate. Non sarà facile, ma proviamo a farlo insieme. Ci sono famiglie che preferiscono stare chiuse nelle loro quattro mura di casa, sopportando da soli il loro grosso problema, anziche’ uscire a fare una bella passeggiata condividendo magari con gli altri la loro realta’. Perche’?
Forse non riusciamo a parlare con naturalezza, con semplicita’, cancellando il pietismo e la compassione. Queste due ultime cose non le vuole piu’ nessuno. Non sono belle! Tante di queste coppie, piu’ o meno giovani, hanno scritto nel loro diario una costante e nei momenti di strema difficolta’ (se sono fortunati di essere ancora insieme) se la trasmettono: ” … quando noi non ci saremo più cosa sarà del nostro insostituibile figlio?”
E allora? E allora corrono, si interessano a destra e a sinistra per poter dare una degna continuità di vita al loro figliolo.
Ma non è così semplice, le strade sono ancora irte, soprattutto per chi comincia ad avere i capelli bianchi.
Ci sono genitori che per una vita intera, parlo di trenta, quarant’anni, hanno trascorso la loro quotidianità accarezzando, imboc¬cando, vestendo, amando, rassicurando , curando i loro Gioielli in silenzio con tante rinunce e poi, lentamente , col passare degli anni, si sono isolati sempre di più dal contesto sociale. Perché? Dov’è finita la voglia di combattere, di lottare, di credere?
Tutto cio’ mi rattrista molto perché sembra si possa fare ben poco, ma non è così.
I tempi, molto lentamente, cambiano e sono felice quando sento parlare delle Associazioni di volontariato che aprono con naturalezza e profonda umanità le loro porte al disabile.
Il volontario ed il disabile sono due persone distinte, con proprie capacità e quindi propri doveri/diritti (sin dove è possibile). Avere per amico un disabile è sicuramente fonte di orgoglio e di arricchimento.
Proviamo a guardare un attimo dentro di noi e magari scopriremo che in un angolo del nostro cuore c’è la voglia di appartenere attivamente ad una di queste Associazioni, le quali per continuare con positività e forza la loro crescita, hanno sempre più bisogno dell’apporto dei giovani e dei meno giovani.
Non occorre essere medici per stare qualche ora con i disabili, ma semplicemente occorrono amicizia, disponibilità e poi tutto ciò che una persona sa dare per quella che è. Sono altresì felice perché vedo crescere i Centri di Ascolto e le Micro Comunità, entrambe molto importanti perché con il loro attivismo portano sollievo alle famiglie che vivono la giornata con tanta sofferenza. Mi piace pensare a case, metrò, edifici pubblici, cinema, ecc, per tutti. E’ giusto: ciò vuoi dire, secondo me, che tutti, con vite strutturate diversamente, apparteniamo allo stesso mondo e quindi abbiamo gli stessi diritti (non è ancora proprio così , però .. . ) Queste considerazioni sono frutto non solo di mie esperienze ma anche di altre famiglie che pero’, a differenza di me, non hanno avuto la fortuna di trovarsi circondati da amicizie, sincerità, disponibilità, per cui penso si siano sentite un po’ di “nessuno”.
Forse dobbiamo imparare ad abbattere, oltre alle barriere architettoniche, anche quelle che dimorano ancora dentro di noi . lo comunque mi tengo stretta nel cuore questi due antichi proverbi cinesi:
“Un uomo trascina il risciò; un altro viene trasportato … eppure la loro natura è la stessa”
“L’ unione e la solidarietà degli uomini possono prosciugare i mari ed abbattere le montagne”
(Paola Servadei)